Psicologa Vomero | Violenza familiare 28 Dic 2018

BY: Dr.ssa Fabiana Fratello

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La violenza familiare assistita

Per violenza familiare assistita si intende qualsiasi atto di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica compiuta su figure di riferimento o su altre figure significative adulte o minori di cui il bambino può fare esperienza direttamente, quando il bambino è presente durante la violenza, o anche indirettamente, quando il minore è a conoscenza della violenza e ne percepisce gli effetti. Rientrano nella categoria della violenza assistita anche quelle situazioni in cui il minore assiste a violenze su altri minori e/o altri membri della famiglia, oppure ad abbandoni e maltrattamenti a danni di animali domestici.

In questa definizione si tiene conto del fatto che non solo vedere la violenza, sentire il rumore delle percosse, della rottura degli oggetti, le grida, gli insulti e le minacce, i pianti ha un impatto doloroso, confondente e spaventoso sui bambini, ma lo ha anche sapere che determinate cose avvengono, constatarne gli effetti vedendo oggetti distrutti, venire a contatto o a conoscenza degli effetti fisici della violenza sul proprio familiare. Ma doloroso e pauroso è anche percepire la disperazione, l’angoscia e lo stato di terrore delle vittime.

I bambini provano rabbia, paura di perdere il genitore protettivo, paura di dover ritornare nella situazione violenta, il bisogno di comprendere cosa è successo e sentimenti ambivalenti verso il genitore maltrattante.

In caso di violenza assistita alcune aree di sviluppo appaiono più compromesse di altre:

  • legame di attaccamento;
  • adattamento e competenze sociali;
  • comportamento;
  • abilità cognitive e problem solving;
  • apprendimento scolastico;

Infatti, le figure di attaccamento da un lato terrorizzate e disperate, dall’altro pericolose e minacciose, fanno sviluppare nei bambini un attaccamento disorganizzato. Inoltre, vengono spesso riscontrate depressione, ansia, inquietudine, colpa, bassa autostima, aggressività, crudeltà verso gli animali, immaturità o ipermaturità, difficoltà nel comportamento alimentare, alterazioni del ritmo sonno-veglia, incubi ed enuresi notturna, comportamenti autolesivi.
Nei bambini testimoni di violenze può essere presente il senso di colpa per il fatto di sentirsi privilegiati quando non vittimizzati direttamente, nello stesso tempo possono percepirsi come responsabili della violenza perché cattivi e sentirsi impotenti a modificare la situazione; i bambini possono sviluppare comportamenti adultizzati d’accudimento verso uno o entrambi i genitori ed i fratelli e diventare protettori mettendo in atto a tal fine numerose strategie come andare a controllare chi suona alla porta o rispondere al telefono per filtrare le telefonate del maltrattante, o cercare di essere presente a tutte le conversazioni tra adulti, assumere comportamenti compiacenti e dire bugie ma anche imparare a dar ragione all’uno o all’altro genitore a seconda delle circostanze o in base al fatto di stare in quel momento con l’uno piuttosto che con l’altro.

Le vittime di violenza assistita apprendono che l’uso della violenza è normale nelle relazioni affettive e possono addirittura essere incoraggiate o costrette ad insultare o picchiare la madre ed i fratelli; possono imparare che l’espressione di pensieri, sentimenti, emozioni è pericolosa in quanto può scatenare violenza.

Si rileva con frequenza che, negli adolescenti aumentano i comportamenti violenti verso madre e fratelli, mettendosi in atto una sorta di sostituzione del padre a causa dell’apprendimento di modelli relazionali distorti e dello sviluppo di disturbi a livello emotivo e comportamentale; in alcune ricerche (Luberti et al., 2005) si rileva una più alta incidenza negli adolescenti di comportamenti devianti e delinquenziali: la violenza assistita è considerata una delle cause delle fughe da casa, del bullismo, della violenza nei rapporti sentimentali tra adolescenti e dei comportamenti suicidiari.

L’educazione affettiva di questi minori in generale è impregnata di stereotipi di genere, connotati dalla svalutazione della figura materna e da disprezzo verso le donne o verso le persone viste come più deboli ma anche verso gli uomini che a tali stereotipi sembrano non adeguarsi.

Nella violenza domestica i bambini possono riportare anche danni fisici diretti perché colpiti accidentalmente o perché spinti o picchiati quando cercano di difendere la madre e/o i fratelli. Senza un intervento finalizzato alla protezione fisica e psicologica dei minori vittime di violenza assistita ed alla cura degli effetti post-traumatici, i bambini possono avviarsi alla vita adulta con un bagaglio di problematiche comportamentali e psicologiche cronicizzate, manifestando quindi conseguenze a lungo termine. Negli adulti vittime nell’infanzia di violenza assistita possono riscontrarsi in particolare: paura, impotenza, colpa, vergogna, bassa autostima, distacco emotivo, depressione, disturbi d’ansia, aggressività, passività, dipendenza, somatizzazioni di diverso tipo, abuso di sostanze, difficoltà di autoprotezione e tendenza ad essere vittimizzati, difficoltà genitoriali, trascuratezza, violenza fisica, psicologica e sessuale ai danni di partner e figli e/o di terze persone. L’aver subito e/o assistito a maltrattamenti intrafamiliari è tra i maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di comportamenti violenti nella vita adulta. L’analisi clinica di soggetti violenti fa emergere non solo la loro introiezione di modelli relazionali basati sulla violenza, ma anche il risentimento verso madri che non hanno saputo proteggere loro stesse e i loro figli sottraendoli dal padre violento.

I comportamenti problematici che emergono a breve termine soprattutto nei bambini più piccoli, sono in genere legati al controllo: dal momento che non hanno potuto controllare le situazioni in cui la madre subiva violenza, cercano spazi propri in cui possono esercitare il controllo. Quindi in molti casi sono bambini che manifestano tratti ossessivi, che non sopportano le incertezze e che difficilmente si dimostrano creativi. Spesso questi bambini si perdono la gioia del coinvolgimento appassionato, del gioco spensierato, dell’immaginazione e della vita del corpo, perché lasciarsi andare provocherebbe loro ansia. Questo è dovuto spesso alla paura di diventare eccessivi, di trasformarsi in un vulcano in eruzione o di soffrire troppo se mostrano le proprie emozioni.

Vengono da situazioni traumatiche e per sopravvivere hanno dovuto blindare le emozioni, e questo porta ad una difficoltà a vivere pienamente anche le emozioni positive.

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